ABORYM – CULTURA DEL CHAOS
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ABORYM – CULTURA DEL CHAOS
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Mariano Fontaine
ABORYM – CULTURA DEL CHAOS
Parlando di attitudine musicale, le strade di Taranto non sono certo quelle di Berlino, né tantomeno di Londra o New York. Eppure è proprio lì che nel 1993 la fervida mente di Fabrizio Giannese (in arte Fabban) pianta i primi semi della realtà che tutti avrebbero imparato a conoscere con il nome Aborym.
Le cose prendono una forma più concreta con il trasferimento di Fabban a Roma e il conseguente incontro con Yorga, Sethlans e Nysrok, sodali con cui condividere una missione artistica che ha i piedi piantati nel black metal più estremo e lo sguardo già rivolto altrove. Il primo album, il ferale Kali Yuga Bizarre del 1999, riscriverà il paradigma della musica estrema di quel periodo, fregiandosi inoltre della presenza alla voce di Attila Csihar (ex Mayhem). Da lì partirà un percorso votato al tempo stesso alla radicalità e all’evoluzione, scevro da qualsivoglia compromesso, che negli anni garantirà alla band un seguito di culto e un posto d’onore nella storia del genere… di qualsiasi genere si parli, perché con Aborym nulla è scontato!
Grazie al contributo di artisti e produttori che nel corso del tempo si sono interfacciati con la band – da Bard “Faust” Eithun (ex Emperor) a Nattefrost (Carpathian Forest), passando per Prime Evil (Mysticum), Sin Quirin dei Ministry, Karyn Crisis ai produttori Guido Elmi e Keith Hillebrandt e gli ingegneri del suono Marc Urselli e Andrea Corvo – e attraverso un’attenta disamina sia dei dischi che delle vicende che li hanno accompagnati, questo saggio ripercorre trasversalmente tutta la storia del gruppo, dalle sprezzanti prime interviste all’abuso di ogni sostanza tossica, dal fondo del pozzo della disperazione alla risalita interiore.
Odiato quanto osannato, Aborym è ancora oggi alla continua ricerca dell’innovazione artistica, della ricerca e della sperimentazione. E sin dagli esordi è stato in grado di provocare negli ascoltatori la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di terribile, scandaloso, accusatorio, perfetto e imperfetto, studiato e accidentale.
Questa è la vostra occasione di capire perché.
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«Questo è ciò che dovrebbe essere il black metal: crudeltà, distruzione, paura…».
Slayer Magazine su Kali Yuga Bizarre
«La maggior parte dei fan del black metal lo odieranno, altri ne saranno curiosamente offesi, pochi impavidi lo faranno loro e lo useranno come propria linfa vitale».
Terrorizer su Fire Walk With Us
«Aborym si è fatto ancora più estremo e alieno da ogni tocco umano, radicalizzando le coordinate tracciate nel passato».
Aristocraziawebzine.com su With No Human Intervention
«Qualsiasi fan del black metal, indipendentemente dalle preferenze, dovrebbe cogliere l’opportunità per approfondire questo lavoro. Pura eccellenza».
Metal Review su Generator
«Aborym sposta un metro più avanti la sua perversione sonora, quanto basta per potersi girare e guardare la massa che arranca».
Metal.it su Psychogrotesque
«Chi ascolta o vuole suonare black metal al passo con i tempi, contaminato magari da una dose di EBM rafforzata da componenti industrial, deve necessariamente relazionarsi con uno dei gruppi di punta del panorama internazionale… Aborym, appunto».
Metalitalia.com su Dirty
«Se c’è un talento innegabile in Aborym, è quello di stupire profondamente, di ammirare sconvolgendo, di evolversi mutando, di lasciare tanti a bocca aperta anche dopo venticinque anni di carriera».
Metallized.it su SHIFTING.Negative
«Non provavo sensazioni simili, ascoltando un disco, da tempo. Senza ulteriori indugi posso dire che si tratta di un album magico: ampio, complesso e multistrato. Per me il massimo!».
Kvlt Magazine su Hostile
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